L`ex attaccante di Inter, Milan, Juve e Nazionale, ora apprezzato commentatore TV, si confida: “Non mi sono mai sentito un rigorista… Ernesto Pellegrini mi chiamò per la Juve proprio quando andavo al concerto di Springsteen”.
Aldo Serena, ovvero Antonio, per gli amici Tonino…
La storia del suo nome è curiosa: i genitori lo vollero Antonio, ma la nonna, all`anagrafe, lo registrò come Aldo, in ricordo del nonno scomparso. La verità emerse solo in prima elementare. “Sono Aldo, ma a Montebelluna molti mi chiamano ancora Tonino,” racconta l`ex campione.
L`infanzia a Montebelluna tra scuola e lavoro
Nato e cresciuto in provincia di Treviso negli anni Sessanta, Aldo ha imparato presto il valore del lavoro. “Dagli otto anni passavo i pomeriggi ad aiutare mio padre nell`azienda di mio zio, dove producevamo scarpe da montagna,” ricorda. Questa esperienza lo ha forgiato, tanto che al suo debutto in Serie A con l`Inter, la vista degli operai della fabbrica in curva Nord gli diede una carica incredibile, spingendolo a esultare con loro dopo il suo gol.
Rivera e l`Interismo giovanile
Nonostante fosse un “super interista”, nella sua camera da ragazzo spiccava un poster di Gianni Rivera, icona milanista. “A 12-13 anni, durante un provino a Milanello andato male, ci diedero un poster autografato da Rivera, che quel giorno era in Nazionale,” spiega Serena. Un`inaspettata consolazione per un piccolo attaccante all`epoca alto solo un metro e 56.
I modelli calcistici: gli “irregolari”
I suoi idoli erano i giocatori “irregolari”, quelli che portavano i calzettoni abbassati: da George Best a Gigi Meroni, passando per Gabriele Oriali e lo svedese Ralf Edström.
Il basket e l`arte del colpo di testa
La sua eccezionale abilità nel colpo di testa, uno dei suoi marchi di fabbrica, ha radici nel basket. “In oratorio alternavamo calcio e pallacanestro. Guardavamo il campionato jugoslavo e sognavamo di essere come Cosic e Dalipagic,” rivela. Il basket gli ha insegnato a saltare e a giocare con grinta, compensando una statura (1,87 m) che per il basket professionistico era considerata “poca”.

L`Avvocato Agnelli e la famosa frase: “Serena è forte dalla cintola in su”
Celebre è l`aforisma di Gianni Agnelli su Serena: “È forte dalla cintola in su”. L`ex calciatore ricorda come quella frase, inizialmente pungente, fu mitigata da Giampiero Boniperti, allora presidente della Juve, che difese il suo talento a tutto tondo. Successivamente, lo stesso Avvocato ammise: “Non pensavo che Serena fosse così forte”. Agnelli, poi, iniziò a telefonargli all`alba, tra le 5:30 e le 6, per discutere di calcio e degli avversari, dimostrando un`attenzione maniacale ai dettagli. Gli incontri al ritiro di Villa Perosa con i suoi due husky e le battute con Platini completavano il quadro di un personaggio unico.

Il trasferimento alla Juve nel 1985 e il concerto di Springsteen
Il passaggio dall`Inter alla Juventus nell`estate del 1985 fu una trattativa complessa, legata curiosamente a un evento musicale. “Ero in prestito al Torino e sembrava dovessi rimanere, ma la Juve mi voleva e l`Inter era interessata a Tardelli,” narra Serena. Ernesto Pellegrini, presidente dell`Inter, lo convocò per la sera del 21 giugno, l`esatto giorno del primo concerto di Bruce Springsteen in Italia, a San Siro. Serena, pur di non mancare, accettò di incontrarlo a mezzanotte, perdendosi così i bis del “Boss”. All`uscita, fu intercettato da due giornalisti: Pellegrini gli aveva appena comunicato la cessione alla Juve.

“Born to run” e il ritorno dal “Boss”
La sua canzone preferita di Springsteen è “Born to run”. Dopo quarant`anni, a giugno, ha assistito nuovamente al concerto del “Boss” a San Siro, definendo lo show di tre ore senza interruzioni del 75enne Springsteen “una lezione”.
Il Milan: Dagli anni difficili di Farina all`era gloriosa di Berlusconi
Serena ha vissuto due Milan profondamente diversi. Il primo, nel 1982, era “scalcagnato” sotto la gestione di Giussy Farina, con la squadra appena retrocessa in Serie B per la seconda volta. Ricorda aneddoti singolari, come Milanello affittato per matrimoni, costringendo la squadra a ritirarsi in un albergo cittadino. Farina, per motivi economici, arrivò a cederlo all`Inter per acquistare Luther Blissett, un attaccante che non convinceva l`allora allenatore Ilario Castagner.

Il secondo periodo al Milan e lo scontro con Galliani
La seconda esperienza rossonera fu agli antipodi: “Milanello era diventato un parco fiorito, bellissimo,” con strutture all`avanguardia, incluso un settore medico ispirato ai Chicago Bulls di basket. Il rapporto con Fabio Capello era buono, meno quello con Adriano Galliani. Anni dopo, Galliani chiamò in diretta a “Controcampo” per contestare con veemenza una critica di Serena, minacciando di non farlo più entrare a San Siro. Serena, però, mantenne la calma e continuò a frequentare lo stadio senza problemi.

Italia `90: Gloria e rimpianto dal dischetto
Italia `90 rappresentò un momento cruciale: il gol contro l`Uruguay e il rigore sbagliato in semifinale contro l`Argentina. “Non sono mai stato un rigorista,” confessa. Dopo i supplementari a Napoli, sperava di non essere chiamato, ma il CT Vicini lo scelse. “Mi alzai con le gambe di marmo, in preda quasi a un attacco di panico,” racconta. La porta sembrava sempre più piccola, Goycochea sempre più grande, e il suo tiro, non abbastanza angolato, venne parato. Un buio totale seguì, e i ricordi riprendono solo dalla finale per il terzo posto.

Il coraggio di affrontare il dischetto
Nonostante il dramma, Serena ebbe il coraggio di tirare, a differenza di altri campioni. “Capisco chi si rifiuta se non se la sente,” afferma. Da quel giorno non calciò più rigori. Tuttavia, ricorda un rigore trasformato nell`Intercontinentale del 1985 con la Juve a Tokyo, per il quale si era preparato, a differenza di Italia `90 dove non aveva provato in allenamento.
Tokyo 1985 e l`ironia di Platini
La vittoria dell`Intercontinentale a Tokyo nel 1985 porta alla memoria l`indimenticabile immagine di Platini sdraiato dopo un gol annullato. Serena ammirava la sua intelligenza e ironia. “Mi rimproverava con arguzia,” ricorda. Platini gli chiese di appoggiargli il pallone di testa all`indietro per permettergli di tirare, una critica mascherata da richiesta, che Serena comprese e applicò immediatamente.

L`amore per l`Inter e il “pezzo di cuore” alla Juve
Avendo vestito le maglie di Inter, Juve e Milan, Serena confessa di essere sempre stato tifoso nerazzurro, con cui ha vinto lo scudetto dei record. Tuttavia, l`esperienza alla Juve fu “unica”. A Torino trovò un ambiente familiare ma estremamente organizzato, con una “pazzesca cura dei dettagli”. “Alla Juve ho lasciato un pezzetto di cuore,” rivela, anche grazie all`amicizia con Gaetano Scirea, che lo accolse come un fratello.

Le feste di Nicola Berti nella “Milano da bere”
All`Inter, nella “Milano da bere” degli anni Ottanta, le leggendarie feste a casa di Nicola Berti erano un appuntamento fisso. “Ero controllato, ma Nicola mi insegnò la sana leggerezza necessaria per scaricare le enormi pressioni,” spiega. I suoi party in piazza Liberty, con porte sempre aperte, accoglievano chiunque, inclusi fotografi, top model come Naomi Campbell ed Eva Herzigova, e persino lo scrittore Andrea De Carlo, che osservava la scena.

USA `94: Ospite a casa di Berti e la “gaffe” con la figlia di Sacchi
Nell`estate del 1994, Serena, da tifoso, fu ospite con Igor Shalimov nella bellissima casa di Nicola Berti a Soho, New York, successivamente venduta a Patti Smith. Lì si incontravano molti azzurri di Sacchi per rilassarsi. Fu proprio durante il Mondiale americano che fece una memorabile gaffe con Federica Sacchi, figlia del CT. Seduto in tribuna, inveiva contro Sacchi per non aver inserito Berti. Alla fine della partita, scoprì di aver inveito davanti alla figlia del commissario tecnico, ma un invito a una festa ristabilì la situazione.


La seconda carriera: da calciatore a commentatore TV
La sua “seconda vita” da commentatore televisivo iniziò nell`estate del 1994, quando Ettore Rognoni di Mediaset gli propose di sostituire Roberto Bettega. La prima telecronaca, Lazio-Ajax, fu una lezione. Serena criticò aspramente la partita fiacca, provocando un calo degli ascolti. Il regista Popi Bonnici gli spiegò l`importanza dell`audience per una TV commerciale: “Racconta quello che vedi, ma con misura, senza esagerare.” Una lezione che lo portò a raffinare toni e linguaggio.
Le 17 finali di Champions e i colleghi celebri
Aldo Serena ha commentato ben 17 finali di Champions League. Tra i colleghi, ammira Pierluigi Pardo per la sua dialettica e capacità di ricerca, e nutre un affetto speciale per Bruno Longhi e Sandro Piccinini, i suoi primi compagni di avventura con cui ha condiviso molte esperienze.

Il momento più bello: le Olimpiadi di Los Angeles 1984
Nonostante una “medaglia di cartone” (quarto posto) alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, Serena descrive l`esperienza nel villaggio olimpico come “magica”, il luogo dove ha trovato “l`essenza dello sport”.