Nove stagioni indimenticabili in giallorosso, poi il controverso passaggio alla Lazio. Franco Cordova rivela i retroscena di una carriera ricca di emozioni e sfide, tra amore per la Roma, drammi personali e la sua visione schietta sul calcio.
L`Identità e la Famiglia
La conversazione con Franco Cordova inizia con una domanda sul nome: “Franco o Ciccio?”. L`ex capitano risponde con la sua consueta ironia: “Chiamatemi come vi pare, Franco è il mio nome, Ciccio quello scelto dai tifosi. Non ho mai capito bene il motivo, forse da Franco, Francesco…”
Il nome Francesco richiama subito il figlio, un diciannovenne promettente nel calcio, che, come il padre, veste la maglia numero 10, pur scendendo in campo con il 4. Cordova menziona anche la figlia quattordicenne, Roberta, eccellente nella pallavolo. Con un sorriso, commenta la sua vita sentimentale: “La mamma? Evidentemente è una ragazza molto più giovane di me… (ride), però non l’ho sposata: avevo già due matrimoni alle spalle, dieci anni con Simona Marchini, la figlia del presidente, e qualche mese con Marisa Laurito. La terza volta non mi avrebbero nemmeno fatto entrare!”
La Carriera Giallorossa e la Maglia Numero 10
Tornando al campo, si parla dei suoi trascorsi gloriosi con la Roma: 285 presenze e 19 gol dal 1967 al 1976, con la fascia di capitano e il numero 10. Cordova sottolinea il suo impegno: “Ho dato tanto. Al numero di maglia non pensavo, io volevo solo giocare.” Ricorda un aneddoto divertente su un compagno che cercava di ingraziarsi i giornalisti, poi si sofferma sul fascino della maglia numero 10: “Resta un numero affascinante, anche se l’ho visto addosso a gente poco adatta, tipo Capello. Oggi la Roma, dopo Totti, lo sta salvaguardando e fa bene, l’unico che potrebbe vestirlo è Dybala.”

L`Amore per la Roma e le Critiche al Calcio Attuale
“Sempre romanista?” gli viene chiesto. “Non potrebbe essere altrimenti,” risponde deciso. Commentando l`inizio di stagione della Roma, elogia Ferguson e critica aspramente Koné per un gol mancato. Sottolinea come l`impronta di Gasperini sia già visibile, pur riconoscendo che “non è un simpaticone” e che bisogna dargli tempo. Poi si sofferma sulla questione del capitano: “Ho avuto la fascia per anni, deve indossarla qualcuno che gioca sempre, non so quanto El Shaarawy possa andare bene.”

L`Esclusione e il Passaggio alla Lazio
Un momento doloroso per Cordova fu l`assenza del suo volto nella coreografia della Curva Sud del 2015, che celebrava i capitani storici. “Ci sono rimasto malissimo,” confessa. “È anche una gravissima colpa della Roma, che non mi ha difeso. Capisco che sono andato alla Lazio, ma sono tanti quelli che hanno scelto Milano, Firenze o Torino e vengono accreditati come grandi romanisti. Vedere tutte quelle facce in Curva e non la mia mi fece male. Del resto non sono neanche nella Hall of Fame della Roma, ci stanno cani e porci…”
Il motivo di questa esclusione, secondo Cordova, è il suo passaggio alla Lazio. “Ma lì fu il presidente Anzalone a mettermi alle corde: `O vai là o smetti di giocare`. Istintivamente accettai,” spiega. La decisione fu dettata da una situazione personale estremamente delicata: “Non mi era proprio possibile lasciare sole a Roma Simona e sua figlia Roberta.” Anzalone, pur conoscendo le circostanze, non gli permise di restare, nonostante Cordova avesse contribuito in modo determinante a risollevare la squadra nella stagione precedente.

Drammi Personali e Scelte Difficili
L`essere stato genero del precedente presidente, Alvaro Marchini, ha forse influito? “Di sicuro sono stati più i problemi dei vantaggi,” afferma Cordova. Descrive Marchini come “il Papa Rosso,” una figura ingombrante in una Roma divisa tra il Papa e Andreotti. La stampa, a suo dire, non fu generosa né con il presidente né con lui, mentre solo la Curva Sud gli ha sempre dimostrato il proprio sostegno.
Riguardo all`impossibilità di lasciare Roma in quel periodo, Cordova rivela un dramma personale: “Quello con Simona è stato un grande amore, ma quegli anni erano stati devastanti: perse quattro figli al quinto mese. Li volevamo moltissimo, il nostro sistema nervoso non ha retto.” Alla domanda sul tradimento, Cordova ammette: “Io dopo tutto quel dolore ero fuori di testa, ho fatto tremila cose e mi dispiace perché lei ha sofferto ancora di più.” Nonostante questo, il loro legame rimane forte: “Il rapporto però è ancora vivo e forte, ci sentiamo sempre. Senza quei maledetti problemi di sicuro staremmo ancora insieme.”
A metà degli Anni `70, la famiglia Marchini si trasferì a Londra per il rischio di rapimenti. Cordova ricorda di essere stato messo sotto scorta, pur non volendola, avendo percepito di essere seguito: “Era un momento storico difficile da tanti punti di vista.”

Claudio Ranieri, Calcioscommesse e il Campionato
Ricordando il debutto di un giovanissimo Claudio Ranieri nella sua Roma, Cordova lo descrive come “sempre uguale, adulto anche da giovane,” riconoscendogli una carriera da allenatore “al top”. Sulla futura convivenza con Gasperini, avverte: “Hanno due caratteri opposti, Claudio per far reggere la cosa dovrà guardarlo in silenzio con grande pazienza.” Apprezza il “no” di Ranieri alla Nazionale, interpretandolo come una prova del suo romanismo, e conclude con un augurio a Gattuso per il Mondiale, ironizzando sui successi del tennis italiano in caso contrario.
La sua vita intensa include anche una squalifica per calcioscommesse nel 1980, quando giocava nell’Avellino. Cordova chiarisce: “La Finanza rovistò ovunque senza trovare niente: nessun processo penale, in quello sportivo sono stato squalificato per omessa denuncia. Secondo loro dovevo fare la spia?”
Infine, sulla corsa scudetto, Cordova pronostica “Milan o Juve.” Esclude il Napoli con una battuta sulla sua famiglia di origine partenopea, che lo tempesta di chiamate in caso di vittoria o sconfitta, riaffermando con orgoglio: “E io, al di là di tutto sono e resterò sempre romanista.”