Noah Lyles fissa un nuovo obiettivo dopo i due ori mondiali: `Nel 2026 voglio battere il 19”19 di Usain Bolt sui 200 metri`

Nonostante la connazionale Melissa Jefferson abbia ottenuto una tripletta (100, 200 e 4×100), Noah Lyles ha lasciato un`impronta significativa ai Mondiali di Tokyo. Dopo il bronzo nei 100 metri, ha conquistato l`oro nelle stesse specialità e, in particolare nei 200 metri, con un tempo di 19”52, si è aggiudicato il suo quarto titolo mondiale consecutivo. Questa impresa lo colloca accanto a Usain Bolt, che ha realizzato lo stesso tra Berlino 2009 e Pechino 2015. Con queste vittorie, le medaglie iridate per lo sprinter statunitense salgono a dieci; solo Bolt (con 14) e LaShawn Merritt (con 11) ne vantano di più nella storia dell`atletica maschile. A 28 anni, Noah, rilassato sul divano di casa Adidas, suo sponsor tecnico, può celebrare un`altra rassegna da protagonista. Il suo volto, ormai onnipresente in città da due settimane, è sempre più un simbolo dell`atletica mondiale.
Ha subito dichiarato: “Aspetto il 2027 per diventare l’unico con cinque titoli nei 200”. Conferma questo obiettivo?
La prossima sarà una stagione senza grandi appuntamenti globali, quindi senza grandi stress: mi viene spontaneo guardare oltre. Ma in realtà un obiettivo più immediato ce l’avrei.
Quale sarebbe?
Devo ancora parlarne con coach B (Lance Brauman), ma mi piacerebbe creare l’occasione giusta per andare a caccia del 19”19, il record del mondo di Bolt.
A cosa pensa concretamente?
A due o tre appuntamenti organizzati appositamente nell’arco di un mese, con i migliori atleti invitati a sfidarsi in una gara secca. Nella finale dei Mondiali, quando come nel mio caso si è al sesto turno in una settimana, è difficile andare fortissimo. Così sarebbe diverso.
Cercando situazioni estreme, come piste in altura?
No, l’idea non mi piace: certo servirebbero superfici veloci, come quelle di Londra, Pechino o Tokyo, e condizioni meteo favorevoli. L’ideale sarebbe usare impianti che abbiano già ospitato prestigiose rassegne.

Sa che Pietro Mennea, nel 1979, realizzò il 19”72, all’epoca record del mondo, ai 2250 metri di Città del Messico?
Chi?
Mennea, Pietro Mennea.
Sono appassionato di storia dell’atletica, anche quella al di fuori degli Stati Uniti. Ma non arrivo fino agli anni ’70. Mi spiace, non so chi sia.
Proviamo a rimanere su nomi italiani: sa che Marcell Jacobs medita il ritiro?
Mi piacerebbe parlargli di persona per capire come sta davvero. È una cosa molto personale, non entro nel merito. Posso solo suggerirgli di pensarci bene. E se fosse un problema di infortuni, di rimanere tranquillo, curarsi e riprovarci. Magari si tratta solo di modificare qualcosa nell’assetto di corsa.
Lei, dall’asma alla dislessia, dal deficit di attenzione e iperattività alla depressione, ha superato tanti disturbi in passato.
Più che altro mentali: ricordo proprio i giorni dei Giochi di Tokyo 2021. E sono ricordi tristi: non perché non feci meglio del bronzo nei 200, ma perché era periodo di Covid e mi ha segnato molto.
Come li ha superati?
Parlandone il più possibile e grazie all’aiuto delle persone giuste, mia mamma Keisha in testa. Per me e i miei fratelli è da sempre una figura di riferimento.
Che effetto le ha fatto ritrovare lo stesso stadio pieno di gente?
Mi ha dato una carica enorme, adesso sto bene, sono felice e amo fare quello che faccio.

Nella finale dei 200 ha come sempre fatto la differenza nell’ultimo terzo di gara: era sempre sicuro di vincere?
Assolutamente sì, sono sempre stato in controllo. Non sono partito bene, come nella semifinale da 19”51, ma dopo l’ingresso in rettilineo, quando ancora un paio di avversari mi precedevano, sapevo che la mia resistenza alla velocità, costruita facendo ripetute sui 400, avrebbe fatto la differenza.
Vince anche a livello psicologico?
I miei rivali sono costretti ad andare a tutta sin dai primi metri per provare a infastidirmi. Ma così si suicidano. Se passi ai 100 in 10”03, come ha fatto Levell, e non mi batti, vuol dire che fai degli errori.
Si aspettava questa composizione del podio, con Bednarek d’argento e lo stesso Levell di bronzo?
Pensavo al giamaicano secondo e Kenny a lottare per il bronzo insieme a Tebogo (quarto per 1/100).
Prima del via ha tenuto le braccia alte a lungo e poi, mentre le abbassava, con la sua criniera di treccine tinte di biondo al vento, ha imitato il ruggito di un leone: tutto studiato a tavolino?
Sapete come la penso: l’atletica deve anche essere spettacolo, intrattenimento. I miei atteggiamenti possono anche non piacere, ma è il mio modo di darmi la carica e di coinvolgere il pubblico.
Serie tv, video, esperienze musicali: cos’altro ha in serbo per conquistare nuovi appassionati?
Un paio di progetti con la mia casa di produzione, ma non posso ancora svelare i dettagli. Abbiate pazienza un anno, un anno e mezzo…