L`ex difensore della Juventus si racconta: dal soprannome “Geppetto” all`addio al campo dopo la perdita della moglie Barbara, fino alla ritrovata serenità con Lucia.

La storia di Moreno Torricelli è una testimonianza di tenacia e resilienza, un percorso segnato da momenti di grande gioia e profondo dolore. Ha imparato a superare le avversità, trasformando le difficoltà in nuove opportunità. “Le disgrazie capitano a tutti,” afferma Torricelli, “l`importante è come si affrontano e si reagisce.”
Ex dilettante trasformatosi in campione con la Juventus, Torricelli ha conquistato ogni trofeo, un sogno realizzato grazie alla fiducia di Trapattoni. Da falegname a calciatore di Serie A, la sua carriera è stata un esempio di determinazione. Tuttavia, dopo il ritiro, la vita gli ha presentato la sfida più grande: la scomparsa della moglie Barbara nel 2010 a causa di una leucemia fulminante. “Per mesi, mentre lottavamo, ho cercato di infondere coraggio a tutti, tenendo per me il peso della sofferenza. Non volevo che lei e i nostri figli perdessero la speranza.”
Torricelli, partiamo dall`inizio. Il suo approdo alla Juventus sembra una vera e propria favola. Ci racconti.
Avevo 22 anni e giocavo ancora tra i dilettanti. Le mie giornate erano divise tra il lavoro di falegname in un mobilificio e gli allenamenti serali. Era il 1992 e la Juventus, con molti giocatori impegnati in tour promozionali per i Mondiali, mi chiamò per alcune amichevoli insieme ad altri ragazzi. Per me, essere lì era già un sogno. Trapattoni, notando il mio impegno, decise di portarmi in tournée in Giappone e poi di farmi esordire in campionato. “Se non riesco a prendere Vierchowod, punto su questo ragazzo,” diceva. Gli devo tutto. Ha avuto il coraggio di lanciare un perfetto sconosciuto in Serie A come titolare.
E come fu accolto nello spogliatoio?
Molto bene, avevano già letto la mia storia sui giornali. Baggio, scherzando, mi chiamava “Geppetto,” un soprannome che mi porto dietro ancora oggi. Trapattoni, essendo brianzolo come me, mi apostrofava come “legname,” riferendosi al mio mestiere.
Entrare in uno spogliatoio pieno di campioni da giovanissimo deve essere stato intimidatorio. C`era qualcuno in particolare che la metteva in soggezione?
All`inizio sì, ero piuttosto timido. Non era il mio ambiente, dovevo ambientarmi. In soli tre mesi, il mio stipendio passò da due-tre milioni di lire a ottanta. Vialli, per esempio, mi intimidiva un po` all`inizio. Eravamo arrivati insieme: lui da campione d`Italia con la Sampdoria, io da sconosciuto. Con il tempo, però, siamo diventati grandi amici. Ricordo che non amava guidare, così ogni mattina lo passavo a prendere per andare al campo. È stato per me un fratello e un capitano eccezionale.

Poi arrivò anche un certo Zinedine Zidane…
Zizou arrivò più tardi, accolto con un certo scetticismo da media e giornalisti. Avevamo appena ceduto Vialli e Ravanelli e venivamo dalla vittoria della Champions. Io non lo conoscevo, ma al primo allenamento rimanemmo tutti a bocca aperta. Una finta, due dribbling e via. Ci guardammo sbigottiti, chiedendoci: “Da che pianeta arriva questo?”
Ma il suo preferito resta sempre Del Piero.
Certo, per me è un gradino sopra tutti gli altri, e non è solo campanilismo. Io e Alex trascorrevamo molto tempo insieme, eravamo tra i più giovani del gruppo. Lui, però, era già un fuoriclasse. La Juventus aveva investito molto su di lui, e tutti lo vedevano come il futuro del calcio italiano. Abbiamo legato subito, e lui frequentava spesso casa mia. Mia moglie, che faceva la parrucchiera, gli tagliava anche i capelli. Spesso si fermava a cena da noi, quante risate ci siamo fatti!

Parliamo di Barbara, sua moglie, scomparsa a soli 40 anni.
Una leucemia terribile. La cosa più dolorosa fu doverlo spiegare ai nostri figli, che avevano 15, 11 e 10 anni. I medici mi informarono subito della gravità della situazione, ma inizialmente decisi di non dire nulla in famiglia. Non volevo che perdessero la speranza.
E lei, invece, l`ha mai persa?
Ho tenuto molte cose dentro di me, ho finto in tante occasioni e sopportato in altre. Piangevo da solo, perché a casa e in ospedale avevano bisogno di vedermi forte. È stato un calvario durato dieci mesi. Solo negli ultimi giorni sono crollato e ho rivelato a mia moglie la sua reale condizione.
Il calcio le ha dato tanto, poi la vita ha presentato un conto salato…
Le disgrazie capitano a tutti, non solo a me. Dipende da come le affronti e come reagisci. Nel calcio ho vissuto una favola, vincendo molto con la Juve. Nella vita ho avuto Barbara, con cui ho condiviso vent`anni meravigliosi e tre figli splendidi. Non ho rimpianti né rimorsi.
Dopo la morte di sua moglie, ha deciso di abbandonare completamente il calcio, rifiutando diverse offerte da allenatore.
Sì, avevo una proposta importante dal Crotone in Serie B, ma come avrei potuto accettare? Per i miei figli, perdere la mamma è stato già un colpo durissimo; figurarsi se avessi dovuto farli cambiare casa, città e perdere tutti gli amici. Ora tornerei volentieri in panchina, magari iniziando con i settori giovanili.
Cosa fa oggi Moreno Torricelli?
Sono tornato a fare quello che facevo da ragazzo: il falegname. Aiuto un artigiano qui in Valle d`Aosta e mi diverto a costruire l`alpeggio della mia nuova compagna, Lucia. Lei è stata fondamentale per la mia rinascita, portando una luce nuova nella mia vita con discrezione. Anche con Arianna, Alessio e Aurora è stata molto delicata. Per loro, la mamma è e resterà sempre unica.

